L’amena bellezza del paesaggio trezzoto ha da sempre ispirato l’uomo e la sua fantasia, tanto da rendere il paese uno scrigno ricco di racconti mitologici fantasiosi che simboleggiano elementi naturalistici dello scenario.
Il suffisso Aci, dal greco Akis, punta, rimanda proprio alle punte dei faraglioni, veri e propri indicatori di rotta per le navi greche.
La mitologia ha invece raffigurato in Aci un mite pastorello innamorato della bella ninfa del mare Galatea, dando vita così al mito di “Aci e Galatea”, una delle leggende più poetiche dell’antichità; secondo questo racconto, il rozzo ciclope Polifemo, invaghitosi della ninfa, schiacciò il rivale sotto un macigno e gli Dei, impietositi dallo strazio della ninfa trasformarono il pastorello in fiume che si riversa sul mare dove lo attende l’innamorata, personalizzando così le periodiche “infuriate” dell’ Etna con la violenza di Polifemo, la spuma del mare con il candore della pelle di Galatea ed il fiume Aci con il pastorello innamorato.
La mitologia riprende lo scenario dei faraglioni in un famoso episodio dell’Odissea dove, il protagonista Ulisse, approda in un Isola , la Terra dei Ciclopi per chiedere ospitalità al gigantesco Polifemo che però, divora alcuni dei suoi compagni ed Ulisse, per salvarsi, lo fa ubriacare lo acceca e scappa via, questo è il momento in cui Polifemo scaglia contro le navi le cime di alcuni monti, identificati dalla leggenda nei “Faraglioni di Acitrezza” .
Infine troviamo dei riferimenti nell’ ”Eneide” del sommo poeta latino Virgilio, il quale fa fermare l’esule Enea vicino l’Etna dove incontra un ex compagno di Ulisse, che gli racconta come quest’ ultimo sia riuscito a sconfiggere Polifemo, ossia una metafora della superiorità dell’ intelligenza sulla violenza.

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